domenica 29 dicembre 2013

ABILITAZIONE SCIENTIFICA NAZIONALE


Quando i commissari sono peggiori dei candidati

Il pesce puzza dalla testa. Si sa che quando l’istruzione e la ricerca non sono messe in condizione di  trainare, il Paese arranca. E poco alla volta disperde le rare eccellenze che ha (senza saperlo). Subentra allora, solitamente, quel certo trantran, mascherato di sensazionalismo. Dietro il quale non c’è niente; niente che faccia sperare in una ripresa seria. Cosí è oggi – a non voler raccontare storielle – nell’Università e fuori di essa.
Accompagnata da gran fragore su media e giornali, dall’esordio fino alla pubblicazione dei risultati, si è svolta la prima tornata dell’ASN (Abilitazione Scientifica Nazionale) a professore universitario di I e di II fascia. Una megaoperazione gestita da quell’organismo mastodontico (e costosissimo per le casse dello Stato) che è l’ANVUR (Agenzia Nazionale di Valutazione del sistema Universitario e della Ricerca): creatura della Legge Gelmini (figlia di tanta madre, e si vede), che provvede anche alla VQR (Valutazione della Qualità della Ricerca) e all’AVA... Dio quante sigle! No, non è ‘Ava come lava’, è Autovalutazione, Valutazione periodica, Accreditamento.
Da noi l’ANVUR è spuntato come un fungo. C’è; dispone, fa le veci del Ministro per l’Università e la ricerca (ma li paghiamo tutt’e due, MIUR e ANVUR). Punto e basta. L’Università se l’è trovato, da un giorno all’altro, sul groppone senza sapere da chi e come sono state disposte le nomine dei suoi vertici. Ma sembra non importare a nessuno (o quasi).
Fatto sta che nelle sedi universitarie non si parla quasi d’altro. La parola d’ordine ‘valutazione’ è entrata in circolo come un veleno: al punto che meno importa la qualità della produzione che l’esito della valutazione (l’imperativo ‘studiare’, applicarsi per il progresso della conoscenza, per la Scienza, pare passato in second’ordine).
I Paesi, che hanno adottato per primi un organismo simile all’ANVUR, lo hanno già abbandonato o lo stanno abbandonando. In Italia persiste, malgrado le critiche universali (inappuntabili) che ne infirmano le fondamenta. Esemplare quella di una mente illuminata qual è Tullio Gregory (“il manifesto” dello scorso 3 ottobre). Un altro illustre studioso, che vi partecipa, riconosceva che è ‘perfettibile’ (parola di Luciano Canfora, “Corriere della Sera” dei primi di settembre). La vedo dura, con queste premesse; specie in assenza di un minimo di democrazia nella scelta dei dirigenti e responsabili.
Per la VQR, l’organismo si vale del meccanismo (fasullo) del ‘tutti valutano tutti’. È legittimo? Sensato no di certo. Professori ordinari di Università italiane e straniere hanno valutato una selezione di titoli scientifici di loro pari e delle fasce inferiori. E fin qui passi (benché il criterio presupponga una sorta di onniscienza nel giudice valutatore). La votazione numerica per ciascun titolo scientifico (corrispondente a un giudizio sintetico: ‘eccellente’, ‘buono’ ecc.) doveva essere accompagnata da giudizi analitici sui singoli titoli. Cosí non è stato (solo votazioni numeriche). Poi si è venuto a sapere che i titoli scientifici dei professori ordinari erano stati valutati anche dalla fascia inferiore, e perfino dai ricercatori. No comment!
Quanto all’ASN, di cui parliamo, è innegabile intanto che il sistema adottato per formare le commissioni giudicatrici sia il peggiore che si potesse immaginare. Gli aspiranti commissari dovevano semplicemente superare una cosiddetta mediana di settore, prevista anche per i candidati; e partecipavano di diritto al sorteggio per entrare in commissione. Senza elezione alcuna, né prima né dopo. E poiché la mediana – diciamolo pure – fissava un numero minimo irrisorio di pubblicazioni, al sorteggio hanno avuto accesso indistintamente tutti gli ordinari. Si sono formate in tal modo commissioni che nessuno mai, dico mai, avrebbe eletto.
Naturalmente mediane di settore erano state stilate anche per l’ammissione dei candidati dei due macrosettori, bibliometrico (in sostanza quello tecnico-scientifico) e non bibliometrico. E infatti questa ASN doveva essere in teoria una semplice verifica: doveva verificare chi dei candidati ha le carte in regola per accedere, sulla base delle specifiche mediane, alla docenza universitaria, nelle due fasce, e chi no. Ma per certe commissioni di ambito umanistico questa verifica è diventata, inspiegabilmente, un vero concorsone a cattedre ordinario (con tutto ciò che ne consegue).
Per prima cosa hanno infatti ritenuto inadeguate e comunque non vincolanti le mediane delle due fasce, e non vi si sono attenute. Per non penalizzare – è questa la ‘ragione’ che si è sentita da piú parti – studiosi meritevoli che fossero eventualmente al di sotto. Vero. Tant’è che hanno concesso l’abilitazione a studiosi che non raggiungevano la mediana o la raggiungevano a stento (ma in compenso vantavano altri titoli ...). E l’hanno negata a studiosi che la superavano, anche abbondantemente.
Quanto abbondantemente? In certi casi, tanto. Il candidato era infatti tenuto a presentare un numero massimo prestabilito di pubblicazioni, ma nel ‘curriculum’ prodotto era spesso evidente il superamento della mediana anche di parecchie volte. E non è servito a niente (non è bastato a salvarlo dalla bocciatura).
Si capisce già da questo che è mancata (almeno in ambito umanistico) una regia che garantisse ai candidati dei diversi settori un’equità di trattamento. Le cifre parlano chiaro. Si prendano a titolo di esempio i risultati dei due settori ‘cugini’ Lingua e letteratura greca e Lingua e letteratura latina. La commissione di greco ha abilitato – in cifre tonde – il 65% dei candidati alla II fascia e il 70% dei candidati alla I fascia; la commissione di latino, invece, il 40% (II fascia) e il 50% (I fascia).
Inoltre (e qui si avverte fortemente il problema del diverso trattamento ricevuto dai candidati a seconda della commissione di settore), la commissione di greco ha concesso – largamente – ai ricercatori meritevoli, presentatisi sia per la II che per la I fascia, l’abilitazione in tutt’e due le fasce; al contrario, la commissione di latino ha applicato assai rigidamente – ovviamente senza dichiararlo agli atti – il criterio per cui il candidato non può fare il ‘doppio salto’: ossia niente abilitazione alla I fascia se il candidato non è professore associato, qualunque fosse la sua qualità scientifica (fanno eccezione due o tre casi, inspiegabilmente a fronte di una decina di associati bocciati). E peggio ancora è andata, con questa commissione, ai cosiddetti ‘non strutturati’, presentatisi per la II fascia (basta vedere le percentuali).
È probabilmente vero che il ruolo cui molti dei non strutturati avrebbe potuto legittimamente ambire – e cioè il posto di ricercatore a tempo indeterminato – era già stato abolito dalla Legge Gelmini; per cui non rimaneva loro che tentare la II fascia, e in troppi non ce l’hanno fatta. Cosí, in buona sostanza, i ricercatori (la cui età media in Italia è notoriamente alta) hanno avuto accesso (quelli che l’hanno avuto) alla II fascia; i non strutturati, tra i quali si contano i giovani (ma vai a vedere che quasi sempre di over forty si tratta), sono rimasti in massima parte al palo. Morale: nei settori umanistici, l’ASN ha prodotto un esito opposto a quanto la Legge Gelmini si proponeva (in verità con scarsa cognizione di causa), e cioè svecchiare la docenza universitaria e aprire l’Università italiana ai giovani valenti.
Ma c’è di piú, e di peggio, se andiamo a mettere il naso nel concreto delle procedure abilitative. Per le quali punterò il dito sul settore 10/D3 Lingua e letteratura latina, ove tutte le magagne su denunciate, e altre ancora, si sono inconcepibilmente realizzate. In questo settore la mediana utilizzata per la cernita degli aspiranti commissari ha consentito di adire il sorteggio anche a professori le cui pubblicazioni scientifiche nel settore specifico sono tutt’altro che numerose (prescindendo da una miriade di recensioni e brevi articoli che gonfiano il numero in assenza di un’edizione vera o un saggio di ampio respiro) o addirittura si contano sulle dita di una sola mano (e c’è da chiedersi come abbiano potuto soddisfare la mediana). Al contrario, non erano poi cosí rari i candidati la cui produzione scientifica, documentata nei curricula, superava la mediana di due, tre, quattro, perfino cinque o sei volte. Inutilmente, però. Dato che, una volta sorteggiati e divenuti commissari, quei professori hanno messo da parte le mediane previste per l’ammissione dei candidati alla I e alla II fascia ed ecco i risultati: bocciati, per la I fascia, la metà dei candidati, inclusi associati e idonei associati con parecchie decine di pubblicazioni scientifiche di apprezzato spessore filologico-letterario e di vasta eco internazionale piú titoli di ricerca eccellenti (in alcuni casi pari o superiori a quelli dei loro giudici); per la II fascia, poco meno di due terzi dei candidati, compresi ricercatori confermati con produzione scientifica di tutto rispetto, e una percentuale da capogiro di giovani perlopiú non strutturati (ai quali non è bastato un centinaio e passa di pubblicazioni scientifiche in curriculum). Come dire loro: ‘arrendetevi, non ce la farete mai’.
In cambio, hanno conferito l’abilitazione alla I fascia a chi ha presentato un numero di pubblicazioni scientifiche che non raggiungevano due mediane su tre o giú di lí (potenza della sorte... e di qualcos’altro!). E c’è da aggiungere che parecchie ‘bocciature’ si spiegano solo con l’aura frivola nel ritrovarsi, inopinatamente, giudici di una procedura valutativa nazionale o, peggio ancora, con certi vizietti accademici tristemente noti (il che getta una luce sinistra su questa procedura che vorrebbe sembrare severa, sí, ma immacolata).
Tutte le persone colte, italiane o straniere, e naturalmente gli esperti del settore, hanno a disposizione L’Année Philologique online, il repertorio internazionale che registra annualmente gli studi di Antichità classica; incompleto certo ma cosí è per tutti, commissari e candidati. Basta cliccare sui nomi degli uni (i commissari) e degli altri (i candidati) e les jeux sont faits. Giudizi e commenti li lascio agli addetti ai lavori che avranno voglia e pazienza di andarsi a vedere la produzione scientifica di alcuni candidati abilitati vattelapesca come, ma anche di comparare la produzione scientifica di almeno tre quinti dei commissari con quelle di certi candidati davvero eccellenti, bocciati benché sicuramente meritevoli di conseguire l’abilitazione nazionale. Si tenga presente che in parecchi casi c’è una differenza di vent’anni tra questi candidati e i loro giudici (anche se a vedere le rispettive produzioni scientifiche non si direbbe proprio), prima di chiedersi come – con quale pudore e quali alchimie estranee alla scienza del settore – siano riusciti a bocciarli, a dispetto dei curricula con tante pubblicazioni e titoli di valore. E consigliar loro di adempiere, prima di emettere verdetti, al precetto di Giovenale ‘noscenda est mensura sui’.
D’altronde esiti bislacchi (diciamolo pure) ci si potevano aspettare da questa commissione ASN, che ha preferito chiudersi a riccio, gelosa delle sue prerogative, scaturite (pare essersi dimenticata) da un sorteggio, invece d’interloquire sui criteri da adottare – come sarebbe stato giusto e opportuno fare – con le sedi universitarie e l’organismo nazionale di rappresentanza del settore, specie in prima applicazione delle nuove procedure abilitative. Salvo tentare di ‘giustificare’ il proprio operato (altri sensi non potrebbe averne), a lavori conclusi e inoltrati all’ente di competenza, in sede CUSL (Consulta Universitaria di Studi Latini), producendo tuttavia tirate contro la filologia ‘pura’ – demandate nella circostanza alla presidente di commissione –, che hanno fatto rabbrividire la platea e lasciato di stucco tutti i piú accreditati esponenti del settore. (Ovviamente: non c’è filologia astratta dalla critica letteraria; astratta dalla filologia, la critica letteraria scade in chiacchierologia.) Fatt’è che, in forza del criterio di giudizio assunto dalla commissione, i candidati filologicamente piú dotati, i piú attenti alla tradizione del testo, quegli stessi che hanno fornito o hanno posto le premesse indispensabili per fornire un’edizione critica seria (fiore all’occhiello della nostra disciplina), – a mio avviso i migliori, e comunque tra i migliori – sono stati sistematicamente bocciati. Incredibile? No, anzi; dopo quanto ho spiegato.
Questi i dati oggettivi a conclusione dei lavori per l’ASN del settore di pertinenza. Ma un altro dato oggettivo, che certo affligge ulteriormente chi pensava di sottoporsi ad una semplice verifica, sulla base di una mediana, e comunque di meritare l’abilitazione che non è arrivata, non va taciuto. Intendo dire l’ampliamento delle differenze reali di valore tra ricercatori respinti e premiati con l’abilitazione alla II fascia; e l’innegabile appiattimento di valori tra i vincitori, magari a giusto titolo, dell’abilitazione alla II fascia e i candidati eccellenti che si son visti sfumare, pur meritandola, l’abilitazione alla I fascia. Per non parlare dello stravolgimento dei valori in campo, in settori affini, tra ricercatori bravi che hanno conseguito simultaneamente le due fasce e associati, anche bravissimi, rimasti in II fascia. L’ASN ora ha accresciuto, ora ha livellato competenze che non sono eguali. Neppure per sogno. Ma questi sono incidenti da mettere in conto – purtroppo –,  in una esperienza già di per sé inutile e fallimentare (qual è stata finora questa ASN), quando i commissari sono peggiori dei candidati.

Loriano Zurli
Ordinario di Filologia latina
Università di Perugia

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